31 maggio 2006

Suoni o suini

Sono profondamente.
Narciso.
Quindi raccolgo qui quello che ho scritto altrove.
Quindi raccolgo qui quello che ho scritto oggi.
Quindi raccolgo qui quello che ho scritto e mi potrebbe anche.
Piacere.

Guardando CSI si possono imparare molte cose. Tipo che la risata è un istinto scatenato dai temi più "animaleschi" con cui l'uomo ha a che fare: il sesso, il cibo, la scatologia, la morte. Ridiamo della nostra natura mortale. Così, il sesso mancante tra un uomo e una donna, invece che immorale, è immortale.

Preso l'insieme delle cose che avanzano per scatti e quello delle cose che subiscono un moto, l'orgoglio appartiene all'intersezione di questi due insiemi.

La selezione naturale s'applica domesticamente anche all'inanimato. La legge del più forte. Cioè, di chi grida più forte.

Ma è vero che la definizione di amico è sempre implicita? E anche quella di innamorato. Solo a posteriori sarà giudicato il tuo comportamento, se consono a quello di un vero amico. Potrebbe essere una categoria Kantiana, un archetipo Jungiano, un imprinting Disneyano. Vabè, non volevo entrare nel merito. E non c'entra niente.

Se non guardare è un lusso, vedere veramente è sovversivo.

Al tempo della mia scuola elementare si chiamavano pensierini. E non riuscivo ad inquadrare il corsivo nella rigidezza delle righe di un quaderno. Sbarre. Mi piacerebbe reincontrare la mia giovane maestra del doposcuola, Stefania. Dopo i compiti, rifatta la cartella, di solito sceglievo i lego.

Sotto quel porticato ci sono statue di fiorentini illustri. Machiavelli, ad esempio. Machiavelli con una sola "c", mi raccomando. "Machiavelli senza macchia" ripeteva la mia professoressa di lettere. Peccato che su quella statua vi sia scritto:
MACCHIAVELLI

Mmm... non so...
Lo dico?
Lo posso dire?
Ok.
Lo dico:
Germi vale una Smells like teen spirit.
Ecco, l'ho detto.

((chi rintraccia il tutto vince un premio))

30 maggio 2006

Se d'un tratto ogni singolo pelo del vostro corpo s'allungasse d'un metro

Ad una partita di pallone, puoi togliere il pallone. Ad un volto grazioso puoi togliere gli occhi. Ad un fiore di primavera puoi togliere il profumo. Ad una foto a colori puoi togliere il bianco e nero. Ad un bicchiere di vino puoi togliere l'alcol. Ad un grande spavento puoi togliere l'inaspettato. Ad un robot puoi togliere una delle tre leggi. Ad un libro puoi togliere il numero di pagine. Ad un cantante puoi togliere la lingua. Ad una perversione puoi togliere l'originalità. Ad una allergia puoi togliere l'allergene. Ad un diamante puoi togliere la trasparenza. Ad un cane puoi togliere la fedeltà. Ad una schiena puoi togliere la spina dorsale. Ad un salto puoi togliere lo slancio. Ad una caduta puoi togliere la traiettoria. A winnie the pooh puoi togliere le cuciture. Ad un segnale stradale puoi togliere la sintassi.
Ora andrei volentieri in un luogo molto in alto. Forse in cima ad una montagna, oppure una torre.

29 maggio 2006

Lo sporco lavoro di dare il nome ai colori

Non era di certo una passeggiata. La macchina scorreva all'interno del tunnel, in salita, sempre più lentamente nonostante la pressione esercitata sul pedale dell'acceleratore fosse costante. Dopo poche decine di metri dall'imboccatura della galleria si perse ogni traccia di segnale radio, cosa che spinse il conducente del veicolo a portare lo stesso sulla corsia di sorpasso, spegnere la radio e forzare un poco di più l'acceleratore. Cominciava a sentirsi stranamente fiacco: sembrava che la cintura di sicurezza avesse preso a stringergli con veemenza l'addome, mentre le scritte luminose e i segnali stradali si facevano incotraddistinti e nebbiosi, impossibili da mettere a fuoco. Il senso di nausea, invece, lo colse all'improvviso: se non fosse stato all'interno di quel maledetto tunnel, si sarebbe fermato sul ciglio della strada per vomitare. Ora, però, era troppo pericoloso. Contemporaneamente aumentarono la pendenza della strada e la sua stizza, poichè vide allontanarsi il momento in cui sarebbe potuto riemergere, alla luce del sole. Se non fosse stato per i riflessi delle luci arancioni sulla carrozzeria, non avrebbe mai notato la macchina nera che dietro di lui si avvicinava di gran lena. Procedeva a fari spenti e a grande velocità: un bell'azzardo in quella situazione. L'istinto che ebbe fu quello di avvisarlo con un lampo di abbaglianti, ma si rese conto di quanto quell'idea fosse stupida: in fin dei conti l'auto nera si trovava dietro di lui, non davanti. La tensione crebbe quando quella macchina gli si affrancò al posteriore: non poteva cambiare corsia, il motore era già al massimo dei giri e produceva un lamento acuto che non aveva nulla di meccanico; e, sopra tutto questo, le sue viscere che non avevano smesso di contorcersi e richiamare a gran voce l'attenzione su di loro con fitte sempre più frequenti e dolorose. Decise allora che tutto quello era sbagliato. Chiuse gli occhi e, così come si esaurirono la galleria, le auto, la macchina nera e il dolore, così egli fu sè, l'universo e te.


"Facessi meglio ha venire qui di stare in quel postacio d'ove piove sempre. Si guadambia bene. Si mancia quello ch'è si vuole. Baci"

28 maggio 2006

La parola del giorno è awkward

Mi sento in colpa, ma forse non ho fatto niente. Forse mi sento in colpa perchè non ho fatto niente. Non è facile farsi capire quando a priori ci si astiene, volontariamente, da ogni comunicazione. C'è differenza tra non avere niente da dire, non sapere cosa dire, non dire nulla per l'ansia di non rimanere in silenzio, non sapere come dirlo? Il silenzio segna questi giorni come un marchio a fuoco, doloroso, cicatriziale; un silenzio imposto dagli eventi, un silenzio auto-impostomi per non generare altri eventi. Non so cosa pensare e non so come pensarlo: il silenzio esterno rimbalza e riflette internamente, come in una cassa di risonanza impossibile. Chiedo scusa già da adesso, per quello che può valere.

Mi sono fatto violenza e sono andato a fare un po' di spesa, nel grande centro commerciale. Parcheggio sempre nella zona verde C6, al primo piano interrato. Mi sono recato alle scale mobili, ho preso un carrello troppo grande per la quantità di cose che avrei dovuto acquistare e sono salito, facendo passare davanti a me una signora, che non se lo aspettava. Tralascio il fastidio di inoltrarmi in una babele di scaffali ricolmi di occasioni a 0.99€, la calca, l'immanovrabilità tipica dei carrelli della spesa, una parete colma di birra, ma tutta chiara e l'impossibilità di trovare un alimentatore universale con l'interruttore per il cambio della polarità, che mi serve per far funzionare il mio nuovo giocattolino. Ho comprato 10 litri di succo di pera in cartone, una bottiglietta di salsa chili, patatine di mais tortillas, una scatola di salatini, 10 piccoli indiani di Agatha Christie e Il cane giallo di Georges Simenon. Pochissima gente alla cassa: strano per un venerdì pomeriggio. La cassiera, forse vedendomi gracile di braccia e carico di pesante succo di frutta mi chiede: "Le buste le vuoi grandi?". Non mi aspettavo la domanda, e infatti sono rimasto a pensarci un po' su. Poi ho esclamato perentorio: "Sì", come se avessi sempre voluto dare quella risposta. Lei mi guarda con fare materno, mentre mi allunga due buste blu. Allora io, mettendo a frutto anni passati a incastrare pezzi a tetris, penso: "Metto 5 litri per busta, ma il resto della roba è fragile, potrebbe rompersi in una delle due buste, schiacciata dal peso del liquido". Veramente non l'ho pensato, mi sono piuttosto fatto un disegnino esplicativo nella mente. Le chiedo: "Mi dai anche una busta piccola, gentilmente?". Lei si irrigidisce, mi guarda con fare interrogativo, ma infine mi cede anche l'ultima bustina bianca, nella quale ripongo la spesa miscellanea. Durante questo piccolo teatrino, le avevo allungato il bancomat: lei lo aveva passato nell'apposita fessura dell'apposito strumento e me lo aveva porto. Quando ebbi finito di digitare sul tastierino numerico la sequenza che corrispondeva al mio codice mai-così-segreto, mi furono tolti dal conto BancoPosta poco meno di 29 euro e forse qualcosa per la commissione. Uscii, mi feci riportare al piano inferiore dalla scala mobile e, mentre scaricavo le buste della spesa nel bagagliaio dell'auto, mi accorsi che nella macchina accanto c'erano due ragazzi che si scambiavano effusioni. Feci finta di non vederli per non imbarazzarli, ma dissi dentro di me: "bel posto per limonare". Questo lo pensai proprio, senza disegnini. Feci il giro largo intorno all'auto per andare a far ricongiungere il carrello con i suoi simili, sempre ignorandoli. Recuperai l'agognata moneta da un euro e la misi nel taschino piccolo dei jeans. Strano a dirsi, ma è così che finisce questo inutile resoconto.

Il libro di Agatha Christie l'ho letto stanotte, invece di dormire. Non vi racconto il finale, ma vi dico che è inverosimile. La trovata è buona, ma ci sono almeno un paio di punti in cui lo stratagemma risolutivo non può aver funzionato. Se questo è l'eponimo dei libri gialli, il genere non deve stare messo troppo bene. E inoltre: "C'era qualcosa di sinistro in quell'isola, che la fece rabbrividire leggermente." Dico solo che c'era qualcosa di sinistro in questa frase, che mi fece rabbrividire leggermente. No, pesantemente.

Infine volevo aggiungere che non ho scheletri nell'armadio; ma se li avessi sarebbero di legno, gli scheletri e l'armadio.

25 maggio 2006

Intro

Penso agli orsi.
Alla mancanza di sensazioni.
Alle bugie.
Alla pigrizia.
Ad un certo grigiore.
Al mare non più solitario.
Agli anche piccoli viaggi in macchina: con chi ero, chi guidava, su che macchina eravamo, cosa abbiamo detto.
Agli album strumentali.
A myspace.
A cosa sto combinando.
Alle responsabilità.
A non far male a nessuno.
Ad andare via.
Ai libri.
Al common lisp.
Ai database sqlite.
Alla virtus roma.
Ai giochi.
Alle foto che non ho più fatto.
A come si scrive il testo di una canzone.
A fare quello che mi va, ma cosa mi va?
Al Giappone, all'Islanda, al Gran Sasso.
Alle elezioni del sindaco.
A Shevchenko.
A fare uno scherzo.
Al grado di sopportazione di caldo.
A non far trapelare le emozioni, i pensieri, le sensazioni.
A fare i giochetti con le mani.
Allo screamo.
Alla vita da scopino che mi attende al varco.
Ai saggi di economia.
Alla pioggia, che sembra frittura.
Alla schiuma.
Ad una infermiera.
Al fondo di zucchero delle coppette di gelato preconfezionate.
Alla pornografia perfetta.
A reaktor, fruityloops e ableton live.
Alle prime parole di Moby Dick, di Lolita.

Ma non dico niente.

22 maggio 2006

Non ti sporcar di me

Perché, specialmente in un luogo come questo, nulla accade per caso: ad esempio gli orologi in esposizione sono tutti sincronizzati in un perenne 10 e 10. Così da ricordare un volto sorridente e predisporre favorevolmente all'acquisto. Per quanto mi riguarda, ricordo Berlino con dolcezza, un po' di rimpianto, tracce di acredine, mia acredine, e gocce di fastidio. Ora vorrei essere un arco e una freccia insieme, teso, puntato verso un bersaglio. E il bersaglio lo vorrei oltre un confine.

21 maggio 2006

Può Darcy

Allora, la situazione è questa: c'era un foglietto su cui avevo scritto gli argomenti di questo mio post, ma non lo trovo più, quindi andrò a braccio. Per cominciare, non scrivo più un post al giorno. Me ne rammarico, poiché è una cosa a cui tengo. Proverò ad essere meno svogliato. Per continuare, ultimamente sono pigro in modo disarmante. Ogni volta che mi metto in mente di fare qualcosa, mi prende una fitta allo stomaco e desisto. Voglia di stare immobile a guardare fuori della finestra. Il volteggio dei gabbiani senza il mare. Di notte i gabbiani ridono, oppure urlano come neonati. Cose che non ho mai mangiato e ho intenzione di assaggiare: Sushi, filetto alla Stroganoff, Fish & chips, Felafel. Se qualcuno volesse invitarmi ad assaggiare una di queste cose, accetterei. Io porto il succo di frutta alla pera, oppure il chinotto. Interrogativo corrente: non rispondere ai commenti è maleducazione? Li leggo tutti, apprezzo che ci sia qualcuno che mi legga, ma raramente aggiungo commento a commento. Una forma di pudore, forse. Comunque si sappia che chi commenta finisce suo malgrado nei preferiti, o bookmarks. Si riformano gli Smashing Pumpkins: la prendo come una possibilità di redenzione per non aver visto il loro finto ultimo concerto, svoltosi proprio qua. Tipo, "una seconda opportunità". Ho corso di nuovo, dopo due settimane di inattività. Sensazione positiva, più che. Ora muscolatura dolorante, sensazione meno positiva. Contribuisce all'aumento di pigrizia, nonché di entropia. Da aggiungere alla lista di film da vedere: V per vendetta, Xmen3, Il caimano, THX 1138, 4-4-2, Effetto notte. Film da non vedere: Orgoglio e pregiudizio, Il codice da vinci, Le particelle elementari. Vorrei leggerne i libri, prima. Pare facciano il film su Tristam Shandy. Altro libro ancora da leggere. In un piccolo incidente domestico, è andato a farsi friggere il mio harddisk da 300Gb. Pieno. Quasi tutta musica. Reo confesso e scornato. Ora non ho quasi nulla da ascoltare. Giornate silenziose. Leggo il libro a puntate di Baricco. 1, 2, 3 e 4. Seguendo un consiglio, costruirò una bomba. La inghiottirò e la detonerò. Poi sarei ovunque.
Panegoismo, lo chiamo.

17 maggio 2006

Canovaccio

Piatto del giorno: quisquilie, pinzellacchere.
La prova che il giornalismo in Italia sia una barzelletta lo si nota da un fatto: non si parla mai di soldi. A volte si fa accenno a qualche fantomatico potere, ma non s'entra mai nello specifico per spiegare in cosa consista questo potere. Quando va bene, l'opera giornalistica si limita alla parafrasi di comunicati stampa e agenzie. Quando va male, si fa la marchetta. Quando va malissimo, si "sbatte il mostro in prima pagina". Le domande scomode non vengono poste, e le risposte vuote ed evasive vengono prese per buone, senza colpo ferire. Tanto per fare un esempio, si parla tanto spesso delle tre televisioni mediaset, che sarebbero la fonte del conflitto di interessi berlusconiano. Si omette spesso che mediaset, per lunghi periodi di tempo, è stata fortemente in passivo, spesso sull'orlo del collasso finanziario. Praticamente un buco nero di soldi, e quindi di potere. Le maggiori fonti di ricchezza per l'ex PresDelCons erano e sono tuttora le assicurazioni, le banche, la pubblicità e solo in secondo piano l'editoria. Sono quelli i campi che, se monopolizzati, paralizzano l'economia di un paese, altro che retequattro sul satellite. Ma come si dice, il più pulito c'ha la rogna. Fiat, Telecom, Alitalia sono società private che, oltre a beneficiare del fatto che fino a pochi anni fa potevano contare su un mercato praticamente monopolizzato, continuano a ricevere ingenti sovvenzioni dallo stato, praticamente a fondo perduto. E i loro bilanci sono, a voler essere ottimisti, fallimentari. E' più che probabile che presto facciano la fine di Parmalat e Cirio. A meno che il nuovo governo non intervenga ancora più pesantemente con le sovvenzioni. E qui casca l'asino. Il nuovo governo. Un semplice ragionamento vorrebbe che per far fronte al "potere" politico ed economico di Berlusconi, il centrosinistra debba poter vantare un apparato se non identico, almeno paragonabile. Se ne sa qualcosa? Pochissimo. Prima delle elezioni è scoppiato il caso delle telefonate di Fassino, Unipol, Le coop rosse. E poi il silenzio. Un silenzio che fa paura, perchè lascia intravedere la grandezza di quello che nasconde. L'accanimento con cui i mezzi di informazione dovrebbero analizzare e controllare le azioni e le commistioni della politica, potrebbe essere un mezzo per garantire la trasparenza dell'operato legale e democratico dei partiti. Ma questo accanimento, oggi, non c'è. Perfino per un personaggio sotto gli occhi di tutti, come lo è stato per anni Berlusconi, l'indagine e l'informazione sono solo parziali. Figurarsi per l'opposto schieramento. E' questo tipo di atteggiamento passivo che mina la libertà di una società: libertà che si può costruire solo con scelte fatte sulla base di informazioni corrette date da una corretta informazione.

15 maggio 2006

Trasporto

Reiterare il sonno.
Fare colazione su Plutone.

Mi è passata l'influenza, l'ennesima che ho preso questa stagione. Sarà forse la 4a o la 5a, ho perso il conto. Si profila un anno mediocre dal punto di vista della salute, ma poco male: finora ho goduto di buona salute, forse devo scontare gli acciacchi qualche anno di vecchiaia. Deve essere stato quel giorno al palaghiaccio. Ero fermo ad aspettare al freddo, senza aver pranzato, e poi l'uscita al sole caldo dei primi weekend in cui si potrebbe già andare al mare. Già, andare al mare. Volevo, ma ho rimandato e rimandato e rimandato. Ora è troppo tardi, ci sarebbe troppa gente a spiarmi. Ci tornerò quando ci saremo solo noi due, io e il mare. Sto leggendo il diario di Anne Frank. Mi sono accorto che sto tra gli ultimi libri che ho letto è pieno di autori ebrei. Anne per cominciare, Abraham Jehoshua, Mordecai Richler, Primo Levi. Li ho comprati tutti insieme, ma non l'ho fatto a posta, ne' me ne sono accorto. Fino a qualche giorno fa. Ora, visto che sono guarito, torno al lavoro, alla solita routine, magari con qualche sorpresa. Magari. Cambiamenti, sono qua, venite a farmi visita. Fine del riempitivo.

14 maggio 2006

Sono buono e la gente se ne approfitta

L'operaio con la maglietta bianca è seduto sul tetto del palazzo di fronte. Lo vedo, di fianco, che mangia un panino, sorseggia la sua birra economica e si asciuga le mani unte contro i jeans macchiati di vernice chiara. Concluso il suo pasto, sfoglia un quotidiano di quelli che distribuiscono gratuitamente, in modo svogliato. Infine si rialza e rientra in casa.

Mentre guido lungo la strada in salita, faccio caso ai volti nelle macchine che pervengono dal senso opposto. Non mi interesso degli uomini, c'è molta più varietà nei volti femminili. C'è una donna anziana, a bordo della sua utilitaria azzurra, che a malapena sporge la testa al di sopra del volante. Ha capelli bianchi, tinti di castano chiaro, e procede lentamente portandosi dietro una processione di auto nervose. Porta un paio di occhiali spessi, con la montatura larga di tartaruga, legati al collo con una cordicella nera. La passo. Prima di arrivare al semaforo, vedo sul lato opposto della strada due persone dentro una piccola auto bianca. Discutono con un po' d'animazione. Lui è canuto, vecchio, Lei è giovane ma vestita e truccata in modo eccessivo. Forse sono padre e figlia, oppure amanti. Guardando lei, non mi accorgo che nel frattempo il semaforo è diventato rosso e l'auto che mi precede s'è fermata. Non freno, la tampono.

Sposto gli oggetti col pensiero. Non proprio. Altero la realtà, ma tutto quello che riesco a fare è spostare gli oggetti. Se mi concentro, riesco a trovarmi in una realtà in cui l'oggetto del mio pensiero non è mai stato in un certo luogo, ma in quello da me pensato. Nessuno si accorge della differenza tranne me. Se riuscissi a spiegarlo a qualcuno, a farglielo vedere, potrei dimostrare che la realtà non esiste, poichè non è univoca. Perchè io posso saltare da una realtà all'altra, e sono tutte possibili e plausibili. Ma nessuno si accorge di nulla, o forse fingono tutti.

12 maggio 2006

Negli occhi solo grasso

Durata: 03 minuti e 04 secondi.
Se quelli che mangio sono cibi transgenici. Se nell'acqua che bevo c'è troppo residuo fisso. Se i muri sono fatti d'amianto. Se il fumo uccide. Se il fumo passivo uccide. Se l'alcol distrugge il fegato. Se mi tolgono i punti dalla patente. Se guido senza cinture di sicurezza. Se mangio troppo. Se mangio troppo poco. Se non faccio sport. Se non mi lavo i denti. Se mi cadranno tutti i capelli. Se non bevo almeno un litro d'acqua al giorno. Se non mangio frutta. Se non ho gli addominali scolpiti. Se non sono simpatico, se non faccio ridere la gente. Se non ho una vita sociale. Se devo rimanere solo. Se devo rimanere al buio. Se gioco a calcetto con un pallone cucito da un bambino del bangladesh. Se si estinguono tutti i panda e tutte le tigri e tutti gli unicorni della terra. Se il milan vince il campionato. Se il milan va in serie B. Se disboscano il pianeta terra. Se ammazzano le foche con le mazze chiodate. Se mangiano i bambini al curry. Se non rido alle barzellette su berlusconi, che non fanno più ridere. Se non vado in palestra per mantenermi in forma. Se non vado in vacanza. Se vanno i comunisti al potere. Se la gente si meraviglia che non mi interessano le occasioni, gli intrallazzi, le furberie, le scorciatoie, i favori, che preferisco pagare le cose il loro prezzo. Se non mi fido delle persone. Se non c'è abbastanza tempo. Se non diventerò ricco. Se non girerò il mondo. Se non sarò felice.
Veramente, non mi importa.

10 maggio 2006

Il ponte va a fuoco

Sono spettinato. Indosso un maglione blu, con le trecce sempre blu, ma è stretto, infeltrito. Sotto, una camicia blu scuro, una maglietta rossa a maniche corte, una maglietta grigio scuro a maniche lunghe. Mi guardo intorno? No. Mi guardo dentro? No. Per la maggior parte del tempo sto in silenzio. Rispondo a monosillabi, quando mi fanno una domanda. La luce che doveva rimanere sempre accesa, adesso è spenta. Probabilmente qualcuno, prima di uscire, ha dimenticato di riaccenderla. E così non mi vuoi parlare, oppure non mi vuoi più. Non sei l'unica, ma resti comunque l'unica. Resto in silenzio, non farei comunque nessuna differenza. L'ambiente non ha risorse, ne' materie prime. La spinta creativa, generativa, ora non c'è. Confesso che mi sento stanco, ma non sono stanco. Rimango chiuso, come una cassaforte. La combinazione è scritta su qualunque muro di qualunque cesso pubblico.

L'ho sentita in radio, qui il video. Da guerra, adatta.
Tra queste rive. Scorreva un fiume.

07 maggio 2006

La strana ma pur vera sovrapposizione tra saper guidare e conoscere la strada

Eravate uno sciame. Con quelle coperture artificiali a proteggervi le zampe ulteriori, scivolavate sul filo di due lame lungo quel tondeggiante panno bianco. E tutti voi, insettucoli, con lo stesso vettore angolare, le ali accennate e mai dischiuse, perché il contrario avrebbe comportato una violazione del regolamento. I meno temerari di voi, lentamente, percorrevano il tracciato con i tentacolini incollati al bordo di quel vespaio, come ciechi alla ricerca della via del ritorno, o come fosse coperto di miele, che avreste potuto assaggiare con il senso del gusto ancorato al fondo delle vostre pigre zampe. I più disincantati, efebici, sottili, con quell'esile esoscheletro nero, nel mezzo dell'alveare, lì dove il panno è duro e navigabile, lì venivate a tracciare curve: una danza nuova, d'allenamento, una comunicazione priva di verbo, priva di nerbo, fatta di passi, piroette, giri non di parole, osservati speciali dei vecchi insetti istruttori. E poi c'eri tu, la regina degli insetti. Con le tue appena accentuate inflorescenze, il corpo lungo e affusolato, le antenne legate lungo il capo nero con anelli invisibili. Il torso verde d'iridescenza, attiravi su di te l'attenzione dei sudditi, pallidi, imitatori, affaticati. Sapevamo che non avresti perso il tuo equilibrio, e così infatti fu. Volteggi rotatori di velocità mutabile, dipendente dalla tua natura coperta o dischiusa. Io ero fuori, nel giardino dei sedili di plastica, leggevo il mio libro pieno di parole inventate e ogni tanto gettavo lo sguardo incredulo sullo spettacolo invertebrato dominato da te. I miei arti intirizziti e il respiro materializzato in nubicole d'acqueo vapore, presso dissolte. Poi le scale, le porte, l'attesa, altre porte, altre scale, l'ultima porta. E ora sei solo un ricordo, regina degli insetti.

03 maggio 2006

It is a truth universally acknowledged, that a single man in possession of a good fortune, must be in want of a wife

Mi sono svegliato all'ombra di un albero.
Anche se, ad onor del vero, non so se quelle cose si potessero chiamare albero e ombra; per semplicità li chiameremo con nomi che siano chiari a chi, come me, abbia abitato la realtà. O quella che fino ad oggi ho creduto fosse la realtà.
Ma ricostruiamo la storia dall'inizio.
Sono sicuro di essermi addormentato sul mio letto. Era pomeriggio e stavo leggendo un libro, di cui poi non mi sarei ricordato ne' titolo ne' autore, che raccontava la storia di tre mogli e un libro. La lettura era leggera e divertente ma il silenzio e la luce primaverile proveniente dalla finestra mi indussero in tentazione. Posai il libro e m'addormentai.
Così iniziarono tutte le mie sventure.
Come dicevo prima, mi sono svegliato all'ombra di un albero. La schiena poggiata sul tronco, dolorante. Anche se, mettendo a fuoco le mie sensazioni, notavo provare bruciore più che dolore. Il mio corpo nudo si riscaldava al tepore generato dall'albero e dalla sua ombra calda. Appena fuori dal riparo di questo ombrello, sentivo addosso il freddo gelido proveniente dal sole nero che bucava il cielo arancio sopra la mia testa. L'erba rossa sotto i miei piedi li asciugava mentre la calpestavo. Facendomi riparo con la mia mano calda e illuminata, dal buio gelido proiettato da quel terribile antisole, camminavo veloce alla ricerca di una struttura intelligente, o la mente che avesse potuto generarla.
M'imbattei in un corso di non-acqua, visto che non era trasparente, era solido, e non scorreva. A differenza delle non-rocce, morbide e liquide. Mi specchiai su una superfice opaca e completamente trasparente e mi vidi le gambe attaccate alle spalle, le braccia pendere dal bacino, la testa far smorfie in zona pelvica e gli organi sessuali esposti in modo osceno sul collo.
Qui, in preda al terrore, finisce la storia che non è mai cominciata, perchè: quello non ero io, non mi trovavo in quel mondo, mi trovavo in quel non-mondo e l'unico che potrebbe raccontarvela era non-io.

02 maggio 2006

I cani abbaiano a tempo e i gabbiani fanno il verso di porte che cigolano

La mia chitarra non è fatta di legno. La mia chitarra non è molto alta, ma se mi sta di fronte la posso baciare senza che lei debba alzarsi sulla punta dei piedi. La mia chitarra è lontana da me, e forse presto andrò a trovarla. La mia chitarra ha delle labbra che guardo in foto e mi piacciono i suoi colori. La mia chitarra ha delle corde che non posso toccare, per non rischiare di farla suonare male. Ne ha altre invece che amo suonare per sentire il suono che produce, per toccare la vibrazione che si espande nella sua cassa. La mia chitarra perde spesso l'accordatura, ma in modo uniforme così che io la possa continuare a suonare, nonostante sia di qualche semitono "sbagliata". La mia chitarra non vuole ballare con me al ritmo del reggae, non vuole ballare con me al ritmo del dub. Mi aspetto grandi cose dalla mia chitarra. Le forme della mia chitarra sono belle da toccare, da accarezzare. Le curve della mia chitarra mi fanno stare bene. Di getto, inetto, qui vi dico e mai vi nego: io amo la mia chitarra.

01 maggio 2006

{caso,cosa,caos} dolce {caso,cosa,caos}

Potrei raccontare molte cose.
Potrei raccontare dei pranzi domenicali per festeggiare prime comunioni e come ascoltando la messa mi venisse da ridere, per le baggianate raccontate.
Potrei raccontare come alla sopracitata messa negassi agli altri il mio "segno di pace", suscitando sui loro volti degli sguardi interrogativi.
Potrei raccontare come continuo a violare il codice della strada e a ricevere multe a casa.
Potrei raccontare come trascuro il cuore meccanico della mia auto e la sua estetica, rovinandola forse.
Potrei raccontare come finalmente abbia finito di leggere quel libro di Proust che poi alla fine non era così male, tanto che vorrei sapere come è andata a finire tra Swann e Odette, ma sarebbero altri 6 volumi da leggere e non credo di avere tanta forza spirituale.
Potrei raccontare come il disco dei Moneen sia una di quelle perle che, dopo un periodo di appannamento e silenzio, ti riconciliino con la musica tutta.
Potrei raccontare le urla di dolore di una donna incinta sconosciuta, in una corsia d'ospedale, così viscerale e profondo da farmi gelare il sangue nelle vene (letteralmente: si sente un brivido diffuso su tutto il corpo e lo stesso bruciore/pizzicore di quando si tocca per un periodo prolungato una superficie ghiacciata).
Potrei pure raccontare cosa ci facessi nel dayhospital di ginecologia, ma questo magari un'altra volta.
Potrei raccontare la vera storia del pirata Barbablu, ma non la conosco.
Potrei raccontare l'attesa, l'impazienza, la rassegnazione, la bramosia, l'ingordigia, la stanchezza.
Ma non mi va.