30 giugno 2006

Del più, ero contro tutti

Mentre rincorro col puntatore del mouse un insettino che zampetta sullo schermo:

Non v'è al mondo cosa peggiore di un aforisma. Nonostante sia esso stessa un aforisma, dimostra la mia tesi: gli aforismi sono dannosi. Sono un modo di pensare facile, scorciatoie, falsità incravattate, infiochettate, travestite da profondi pensieri. Un luogo comune resta un luogo comune anche quando lo si nega. Ci sono al mondo molte cose peggiori di un aforisma, ma ciò non toglie che siano una gran disgrazia.

29 giugno 2006

Decedere silenziosamente in un museo d'arte moderna

nelle pupille simboli blu
sulla testa un velo spezzato
dai denti tubi organici
sullo sfondo cerchi pastello
la foto color ambra, toni seppia, nero profondo, giallo iracondo
far sembrare ogni cosa l'opera di un disegnatore

antiche macchine fotografiche e i loro difetti
definiscono un'estetica rimpianta
continuare a camminare
finchè il cuore non decide di fermarsi
sensazioni filtrate da una cornetta telefonica
ogni santa notte
i campi elisi
dopo ogni santa notte
l'aurora

Ognuno di noi ha una cotta per una celebrità

28 giugno 2006

Ideali ideali

Il disegno di un volto sovrastato da un fumetto vuoto sconvolge come la promessa di una rivelazione mai fatta. Le labbra sono aperte e i denti bianchi ben visibili, ma i lati della bocca si consumano in una piega indefinibile. Lo sguardo è sospeso, incredulo. La grande verità, dopo la pubblicità. La pubblicità dura per sempre. Io sono tutti. La serie approssimata di Taylor delle scuse dice: Se pensi sia la cosa giusta + Se pensi che fare la cosa giusta sia fare la cosa giusta + Se pensi che fare la cosa giusta sia fare la cosa giusta sia fare la cosa giusta + ...
Il ventilatore singhiozza. Sembra voler avvicinarmisi con le labbra fresche e sfiorarmi col un getto d'alito, quando si degna di volgersi da questa parte. Ma io mi illudo. E' una macchina e non può amare. Le macchine odiano e basta. Ti possono dare la morte, ma non ti possono dare la vita. Ora puliscono la strada, gettano acqua su un altro fuoco che non s'accenderà mai. Dovevano essere le 23 e 30, e invece sono state le 22 e 30. Guardo le loro facce e mi sorgono tante domande scomode. Non ti guardare allo specchio, mi ripeto. Sopravvivi. Evadi dal tempo, diventa eterno, occupa tutto il passato come il sasso lanciato occupa la superficie increspata dello stagno, mi dico ancora. Notte d'estate, d'asfalto, d'odio. Il giorno prima e il giorno dopo. Oppio. A chi verrà e mi libererà, regalerò le chiavi di questa cella: così potrà chiudervisi dentro.

27 giugno 2006

Grazie per le sfumature di grigio

Che faccio, mi lamento? Ma sì, lamentiamoci. La pubblicità. Ci può essere una combinazione più diabolica di quella tra una compagnia telefonica, il Muccino giovane e una canzone di Ligabue? I think not. Che poi, presi singolarmente sarebbero anche sopportabili: la compagnia telefonica è quella che mi fornisce i servizi minimi di telefonia e in macchina ho pure il doppio live di ligabue, ovviamente scopiazzato. Ma insieme no, è più di quanto io possa sopportare in una singola sessione. Per fortuna dura quei 30 secondi scarsi. Un attimo di oblio.

La pubblicità. Ce n'è una in cui una macchina viaggia affiancata ad un proiettile, stessa velocità. Il proiettile sta a sinistra, la macchina a destra. Il tizioide alla giuda deve svoltare a sx, ma ha paura. Decide allora di abbassare i finestrini e far attraversare al proiettile l'abitacolo. Bella prova. Ora: ammettiamo che sia possibile che un'auto viaggi alla stessa velocità di un proiettile, mi sorgono un paio di interrogativi fisici. Magari mi sbaglio, ma magari no.

1) Di che ha paura il tizio? Le macchina dovrebbe condividere lo stesso sistema di riferimento inerziale del proiettile, quindi sono reciprocamente fermi. Una macchina ferma che tocca un proiettile fermo non credo possa creare questi enormi danni. Mica esplode. Un colpo di pistola uccide per decelarazione.

2) Attraversando l'abitacolo dovrebbe cambiare la resistenza dell'aria interna sospinta dall'auto rispetto a quella esterna. Di questo non sono sicuro. Ma se è così, o il proiettile va a sfondare il parabrezza oppure il tipo alla guida è il dio della modulazione dell'acceleratore.

3) Nel video il proiettile va dritto. Cioè, non cade. Mi pare strano. La componente verticale del vettore velocità non dovrebbe venire influenzata da quella orizzontale. Andando alla velocità stessa del proiettile, noi nel sistema di riferimento automobile dovremmo vedere semplicemente un proiettile che cade. Da su a giù, con lo stesso moto con cui lo fanno tutti gravi, come diceva il buon Galilei. Ma magari il tempo nel mondo della pubblicità è dilatato. O come a casa Simpson, non obbedisce alle leggi della fisica.

La pubblicità. Ma anche il cinema, la televisione. Mi facevano notare che anche sei donna raramente qualcuno ti porta le rose nel bel mezzo della notte, come nei film. Sono d'accordo.
D'altronde il cinema è finzione. E non per un problema comportamentale. Gente disposta a portare le rose di notte ci sarebbe pure. Ma il cinema ti fa vedere uno che esce di casa, e subito dopo lo stesso tipoide suona alla porta della signorina colmo di rose, cioccolatini y palabras de amor. Nel mondo della non-finzione sarebbe una domenica notte: le pasticcerie sono chiuse, i fiorai sono chiusi, i benzinai altrettanto. Il solo andar cercando una combinazione aperta di questi 3 elementi trasforma l'intervallo di un fotogramma in una ricerca avventurosa e disperata della durata di ore. Inattuabile. Nei film ci si comincia a baciare sul divano e nell'inquadratura successiva si è nudi a letto a copulare. Romantico. Nella realtà-come-la-conosciamo bisogna togliersi i calzini. Meno romantico.

25 giugno 2006

Invidia: tutte le orme che hai mai lasciato e la paura che ti aspetta innanzi. Una gabbia in cui cade.

Ho ventiquattro anni, quasi venticinque: forse devo smetterla di sdraiarmi sul pavimento e di provarci gusto?

24 giugno 2006

La terra vista dallo strazio

Doghe in legno o rete metallica? Sta di fatto che il mio letto di notte se ne cammina con le sue brave gambette, se ne vaga bel bello nello spazio della mia stanza, nel mentre che io ignaro svolgo il mio quotidiano e notturno compito di rigenerazione neurale e viscerale. Esso spavaldo si discosta dal muro. Ed il mio demente cuscino ritiene sia una idea divertente nonchè originale andarsi a fare una gita nell'intercapedine che si viene a creare tra il suddetto letto e il suddetto muro. Ed il suddetto io resta colla testa sul materasso.

Scimmie spazialiiii. L'esercito delle 12 scimmie spaziali.

Intanto faccio finta di avere idee di economia, di neurologia computazionale, del sole, della coscienza, di John Searle, del comunismo reale, del processore Cell, di Google, di mistificatori, di gente che ci crede.

Non ricordo niente e devo organizzare tutto in liste. Anche il tempo. Anche le persone. Anche le liste.

Orchestra Polifemica di Itaca. Dirige Odisseo Laertenson.

Da una lettera di Max Stirner: "I falsi principi della nostra educazione, ovvero Umanesimo e Realismo".

Mentre salivo le scale mobili di Auchan, ho avuto viva l'impressione che tutti stessero per trasformarsi in zombie, affamati delle mie cervella. Ho iniziato a progettare un piano di fuga.

Nel 2048 ci sarà una grande guerra.

21 giugno 2006

Trapasso e chiudo

Mangio sei confetti bianchi. Invece di masticarli, li succhio fino ad arrivare alla nuda mandorla. La qualità dell'ultima partita comprata è inferiore alle precedenti: infatti la glassa si crepa non appena li metto in bocca, mentre il tempo necessario a sciogliersi è maggiore. Molte cose buone vengono mangiate solo in certe occasioni: i confetti ai matrimoni, alle comunioni e ai battesimi, il pandoro il torrone e il panettone a natale, la colomba a pasqua etc etc... Non ha molto senso. Le feste religiose legate ad un certo periodo dell'anno discendono da feste pagane del mondo agricolo. Oggi non si agricola più niente. Ops. Inavvertitamente ho masticato un confetto. Non sono riuscito a resistere. Come le FruitJoy. DeviDeviDeviDeviDevi... Masticar! Scuoto la testa.
Leggo 5,6,7,8,9. E questo. E questo.

19 giugno 2006

Abbracci sottobanco

Dopo aver letto un poco, ho richiuso il libro. Mi sono accorto di aver un segmento di pelle più scuro, sulla mano con cui tenevo il libro: era il punto su cui poggiava la costa, mentre tenevo le pagine divaricate con le dita della stessa, sola, mano. Con l'altra mano mi tengo la testa, grava di pensieri. Tra i tanti, uno prende il sopravvento: quello che facciamo con le mani definisce le diverse età della vita.
Perchè all'improvviso mi ricordo delle pellicine da strappare dalle dita dopo aver lavorato con la colla vinilica. Sia lodato l'odore inebriante del Vinavil. Perchè all'improvviso mi ricordo della meraviglia nello scoprire di potermi infilare degli spilli attraverso i primi strati di pelle senza provare dolore e di averlo utilizzato per spaventare le ragazze. Ragazzine loro, ragazzino io.
Adesso che i giorni assomigliano sempre più a fotografie dai colori errati, mi capita con più frequenza di pensare alla mia infanzia. Non so perchè.

18 giugno 2006

Guida in FM. Modulazione di Frizione.

Ho finito ora di farmi la doccia. Fa un po' più freddino oggi. Il clima perfetto è quello con cui puoi farti la doccia senza sentire la differenza tra getto d'acqua presente e getto d'acqua assente. Sto crescendo una bella barba. Ancora a chiazze, ma perseverando riuscirò ad ottenere un aspetto molto saggio.
Vista la partita dei nostri indomiti azzurri. Gattuso eroe. Avevo scommesso 10 euro sulla vittoria degli USA. Ne avrei vinti 90. Sono stato avido e avrei potuto accontentarmi della quota del pareggio. Con questa debacle concludo la mia carriera di scommettitore legale. Mentre la guardavo mangiavo ancora patatine di mais. Non mi sono asciugato bene. Ho la schiena ancora bagnata e la sento premendola contro lo schienale della sedia.
Con la mia barba nuova, la testa rasata, gli occhiali da sole e la pelle nera potrò essere il nuovo Isaac Hayes e fare la voce di Chef.

14 giugno 2006

Avvicendarsi di voglia di piangere con desiderio di spaccare cose

La rabbia esaurita. Finora questo anno è stato un (inserire un sinonimo meno drammatico di fallimento). Ho trovato due cose di grande valore e le sto trascurando, soprattutto una, la più importante. (inserire vere scuse). Sono arrabbiato con me stesso. Sisì arrabbiato come i cani, senza sinonimi. E sì questo è uno di quei post adolescenziali in cui è tutto nero e meno male che c'è il mio idolo Garrison che lo amo tanto. Boys don't cry e quella roba lì. Gosh. (inserire uno straccio di post credibile).

13 giugno 2006

Eingang und ausgang

Pensavo che le tre leggi della robotica fossero solo una trovata letteraria, un espediente creativo privo di qualsiasi applicabilità formale. Poi ho pensato che per un essere umano il comportamento morale è ben chiaro, anche se non formalizzato. Nell'intepretazione del linguaggio e nella capacità di manipolare concetti risiede la bontà di quelle regole. D'un tratto m'è parso chiaro che una macchina in grado di superare il test di Turing potrebbe essere forzata al rispetto delle tre regole, con minime difficoltà tecniche.

Penso che la medicina si fregi del titolo di disciplina scientifica, ma non ne applichi il metodo omonimo con la dovizia necessaria. Normalmente un'anamnesi si basa ancora sulla osservazione soggettiva del medico visitante, il quale ausculta, tasta, osserva, soppesa; se tra i sintomi riscontrati non ritrova una formula memorizzata durante il tirocinio, solo allora si decide a richiedere ulteriori esami. Alcuni di questi sono finalmente numerici, come l'analisi del sangue: la più utile tabella di cifre della vostra vita. Altri sono ancora approssimativi, come le lastre: potete solo sperare che il medico che le analizzerà possieda ancora la maggior parte dei decimi disponibili al suo senso visivo. Non parliamo poi delle operazioni. Auspico un mondo in cui il rivelamento delle malattie e la loro cura sia una operazione di fredda meccanica, numerica, elettronica; in cui un eventuale errore, oltre che statisticamente prevedibile, non debba essere attribuito alla negligenza umana.

La prossima è rivolta agli amatori di filosofia informatica. L'algoritmo di XOR swap è la dimostrazione non formale e congetturale che il paradigma di programmazione ad oggetti è una scelta fuori luogo, arida e infeconda: provate nella realtà a scambiare di posto a due oggetti senza transitare temporaneamente per un terzo luogo.

12 giugno 2006

Libera traduzione del famoso testo: "I like monkeys"

A ME PIACCIONO LE SCIMMIE

A me piacciono le scimmie.

Il negozio di animali le vendeva a cinque centesimi il pezzo. Ho pensato fosse strano, visto che normalmente sarebbero costate un paio di centoni l'una. Ma a caval donato non si guarda in bocca. Ne ho comprate 200. A me piacciono le scimmie.

Ho portato le mie 200 scimmie a casa. Ho una macchina grande. Una l'ho lasciata guidare. Il suo nome era Sigmund. Era ritardata. In realtà nessuna di loro era particolarmente brillante. Continuavano a darsi pugni sui genitali. Io ridevo. Poi hanno preso a pugni i miei genitali. Ho smesso di ridere.

Le ho ammassate nella mia stanza. Non si sono adattate molto bene al loro nuovo ambiente. Continuavano ad urlare, a buttarsi dal divano a gran velocità e ad andare a sbattere contro il muro. Nonostante all'inizio fosse divertente, lo spettacolo ha perso il suo interesse verso metà della terza ora.

Due ore più tardi, ho capito perchè tutte quelle scimmie fossero così a buon mercato: morirono tutte. Per nessuna ragione apparente. Si sono praticamente spente. Come quando compri un pesce rosso e muore cinque ore dopo. Dannate scimmie economiche.

Non sapevo cosa fare. C'erano 200 scimmie morte stese su tutta la mia stanza, sul letto, nell'armadio, appese alla libreria. Sembrava che avessi 200 tappetini scendiletto.

Ho provato ha a scaricarne una nel water. Non ha funzionato. S'è incastrata. Così c'erano una scimma morta e bagnata e 199 scimmie morte e asciutte.

Ho provato a far finta che fossero semplicemente animali impagliati. Ha funzionato per un po', finchè non hanno iniziato a decomporsi. C'era una puzza terribile.

Dovevo andare in bagno, ma c'era ancora la scimmia incastrata e non volevo chiamare l'idraulico. Ho cominciato ad avere qualche imbarazzo.

Ho provato a rallentare la decomposizione, surgelandole. Sfortunatamente c'era spazio a sufficienza solo per due scimmie alla volta e quindi dovevo cambiarle ogni trenta secondi. Ho dovuto anche mangiare tutto il cibo del frigorifero, per non farlo andare a male.

Ho provato a bruciarle. Non sapevo che il mio letto fosse infiammabile. Sono stato costretto ad estinguere l'incendio.

Così c'erano una scimmia morta e bagnata nel mio bagno, due scimmie morte e congelate nel frigorifero e 197 scimmie morte e bruciacchiate ammonticchiate sul mio letto. E l'odore non migliorava.

Mi sono agitato per la mia incapacità di sistemare le mie scimmie e di usare il bagno. Ho picchiato violentemente una delle mie scimmie. Mi sono sentito meglio.

Ho provato a buttarle via, ma l'omino della nettezza urbana ha detto che loro non erano autorizzati a trattare primati carbonizzati. Gli ho detto che ne avevo anche uno bagnato. Non ha potuto prendere nemmeno quello. Non mi sono preso la briga di chiedergli di quelle congelate.

Poi finalmente ho trovato una soluzione. Le ho date via come regali di natale. I miei amici non sapevano esattamente cosa dire. Hanno fatto finta che gli piacessero, ma mi sono accorto che stavano mentendo. Ingrati. Così li ho presi a pugni sui genitali.

10 giugno 2006

Pubbliche scuse in pubblica piazza

Sulla terrazza stanno ultimando i preparativi per la festa. Palloncini, di quei colori un po' smunti con cui sono decorati i palloncini, sono appesi agli ombrelloni sopra i tavoli; la domestica finisce di sistemare il buffet. Io li guardo e aggrotto le sopracciglia, perché intanto il sole sta tramontando e mi brucia gli occhi. Non è la mia festa, non è la mia terrazza, non è la mia domestica, ma soprattutto non è il mio buffet. Oggi, all'uscita di scuola, i ragazzi non vendevano i libri ma si sgavettonavano amaramente, senza rispetto. Mentre a me che li guardavo infastidito si spegneva nuovamente il motore. Ero sicuro che se uno di loro avesse osato gettare dell'acqua contro me od il mio passeggero non avrei esitato a scendere e rincorrerlo, per procurargli più dolore possibile. Una reazione esagerata? lo spero. Ora, se volete scusarmi, vado a succhiare altra polpa azzurra. La fame non passa mai. Ho fame. Di cosa hai fame? Di cibo, prima di tutto. Di tentazioni. Di sortilegi. Di piacere senza colpa. Piacere il sostantivo, non il verbo. Senza colpa, succhiandone la polpa. Sono già stanco ed ancora non ho combinato nulla. Fastidio, nervosismo, girare in tondo, non riuscire a star seduto, aprire la finestra, chiudere la finestra, prendere il libro, sfogliarlo svogliato, chiudere il libro, andare in cucina, mangiare una ciliegia, tornare in camera, controllare la posta, aprire i siti dei quotidiani, nessuna notizia, ricontrollare la posta, accendere la tv, girare tutti i canali, niente da vedere, spegnere la tv, lanciare firefox, preferiti, cartella "blogs", apri tutti in tab separate, nessun nuovo post, chiudere firefox. Sono già stanco ed ancora non ho combinato nulla.

08 giugno 2006

Rouge, comme ton yeux ouvert

Era un pittore, e anche molto bravo, sebbene fosse poco conosciuto. Sentii parlare di lui per la prima volta ad una festa tra amici, alla quale lui stesso era invitato, e ne rimasi affascinata. Non so come riuscii a parlargli. Parlammo d’arte, di musica, di molto altro, e mi accorsi che per qualche strana alchimia, lui sapeva di me molte più cose di quante io ne sapessi di lui. Ma questo era solo un dettaglio. Mi parlò del suo laboratorio, e di tutto ciò che vi era dentro, della sua casa e del modo in cui la abitava. Gli dissi che avrei desiderato visitare il suo laboratorio, e mentre lo facevo, sentii un brivido percorrermi la schiena. Un laboratorio; il laboratorio di un pittore, certo, ma non valeva sicuramente un brivido. Oppure si?

Mi aprì la porta con un gattino nero in braccio. Era alto, molto più alto di quanto ricordassi, e aveva un viso squadrato, gli occhi verdi e penetranti. La barba incolta contribuiva a rendere il suo sguardo più intenso. Mi accolse con una carezza sulla spalla e con un sorriso. Mi fece strada attraverso il contorto corridoio mostrandosi felice del fatto che avessi mantenuto la promessa di andarlo presto a trovare.
Quell’uomo mi illanguidiva. Erano i suoi modi, era la sua voce, non so cosa fosse ma so solo che mentre ci guardavamo e parlavamo a bassa voce stesi sul suo sofà, io guardavo l’enorme gatta nera che si strusciava contro le sue gambe -non quello di prima, questo era un gatto adulto- e desideravo essere lei. E lo desiderai così forte che ci trovammo vicini, con le mani dell’uno addosso all’altra. La mia lingua percorreva le sue labbra e si insinuava dentro mentre lui, con le mani, mi esplorava avido. Misi le mie mani sotto la sua camicia mentre con la bocca assaporavo il suo collo, e lui mi stringeva i seni. Poi mi scostò delicatamente e mi prese per mano, alzandosi. Vieni, mi disse, ti porto in un bel posto.
La sua camera da letto era monumentale, ma in quel momento non mi prese più di tanto; in quel momento c’era qualcos’altro da cui desideravo farmi prendere. Aveva della mani grandi, nodose, calde, con le quali mi spogliò. Mi misi a cavalcioni su di lui, steso sul letto, ed iniziai a spogliarlo a mia volta. Sentivo la sua erezione premere contro il tessuto dei pantaloni, sempre più fiera.
Avvicinò le labbra ai miei seni, mentre con una mano si insinuava tra le mie gambe. Ero bagnata, molto, e le sue dita scivolavano dentro, facendomi gemere.
Era disteso sopra di me, la sua lingua mi percorreva tutta. Scese ad incorniciare l’ombelico, poi mi allargò le gambe ancora di più. Sentii la sua bocca sul mio clitoride, e la sua lingua insinuarsi dentro. La mia vagina pulsava mentre mi assaporava. Lo sentivo lambirmi con violenza e il piacere si irradiava attraverso il mio corpo tremante e non ne avevo abbastanza, no. E lui non ne aveva abbastanza di darmi piacere. Soffocai un grido e lui mi baciò, restituendomi il mio sapore.
Gattonavo sul letto. Ero la gatta nera che si strusciava contro le sue gambe, ero tutto ciò che avevo sempre desiderato. Quando mi voltai, lo sentii muoversi di scatto sul letto, poi aggrapparsi con violenza ai miei fianchi, stringendomi, attirandomi a lui. Il suo sesso strusciava contro il mio e mi faceva ansimare, stringere i denti e il lenzuolo tra le unghie, mentre prepotente entrava in me. Lo sentii scivolare, sicuro e possente, ed emisi un gemito di piacere, tremante. Si muoveva dentro di me come fossi la morte. Sentivo le sue mani stringere e graffiarmi i fianchi, le sentivo a stringermi i capezzoli, ad accarezzarmi il clitoride e tra le labbra. Sentivo il respiro selvaggio e forzato, mentre si muoveva sempre più forte, ed io con lui. Volevo soltanto sentirlo di più. Sentirlo dentro così forte fino a morirne. Con un gemito arreso venne dentro di me, mi inondò del suo seme caldo, ed io urlai sentendomi esplodere un fuoco liquido tra le gambe.
Restammo li stesi a baciarci per non so quanto tempo. L’unica cosa certa era la sua barba che mi graffiava il viso. Feci scivolare la mia bocca sulla sua pancia, a mordere la pelle sottile, poi scesi ad accarezzare con la punta della lingua il suo pene, che tornò ad essere fiero come lo era stato poco prima, senza alcuna ombra di incertezza. Ne accarezzai il contorno, sentendolo ansimare e gemere. Poi presi il suo membro in bocca e iniziai a succhiare, finché non mi riempì la bocca di sé mentre mi teneva la testa con le mani. Igoiai. Lo volevo tutto per me.
Poi salii su di lui, mentre mi divorava con lo sguardo. Mentre facevo scorrere il suo pene dentro di me, lui mi stringeva; ed io gemetti, sentendolo riempirmi. Iniziai a muovere i fianchi sempre più avida. L’espressione del suo viso non faceva altro che incitarmi ad una danza violenta. Stringeva i denti soffocando i suoi gemiti, e le sue mani stringevano sempre, stringevano forte. Mi muovevo selvaggiamente, così forte da farmi male, ma non mi importava più di nulla, ormai. Venni, e lui subito dopo. Poi ci addormentammo, ansimando ancora, sudati, l’una nelle braccia dell’altro.

Mi svegliai a notte inoltrata. Un’abat-jour irradiava la stanza di un arancione smorto. Ero nuda sul letto. Non c’era traccia di lui, né dei miei vestiti. Mi alzai di scatto, con l’intenzione di cercarlo. Con qualche intenzione. Ma ripiombai sul letto, e solo allora mi accorsi che il mio polso destro era legato alla testata in ferro battuto da un sottile filo di cuoio girato più e più volte intorno ad esso, e mi faceva sempre più male. Lo chiamai, ma non ottenni nessuna risposta. Riuscii a slegarmi e mi misi a cercarlo. Che gran cazzata, andare a casa di uno sconosciuto, ma ancora, nonostante tutto, non riuscivo a pentirmene. Quando arrivai in fondo al corridoio sentii una mano percorrermi la schiena. Mi voltai e lo vidi dietro di me. Nudo, con un frustino nero in mano. Mi spinse contro il muro stringendomi un fianco con la mano, mentre con l’altra infilò il manico del frustino tra le mie gambe, spingendolo dentro. Trattenni il respiro. Lui si avvicinò a sussurrarmi qualcosa all’orecchio. <<>>. Velluto liquido che mi scivolò sul collo.
Chiedimi qualunque cosa.*





*(Michel Faber; Il petalo cremisi e il bianco)

07 giugno 2006

Questo è un incentivo all'imprenditoria giovanile

Al mondo esistono molti signori, ma ai signori non esistono molti mondi. Questo è certo, più che certo. Voglio raccontare però di un gran signore. Questo gran signore era un signore Pacifico, che teneva sempre Gli Occhi Al Cielo. Aveva a cuore i suoi lettori, e ci teneva a non ferirli, ma questo gran signore non sono io, no. Almeno non stasera, quindi sarò me. Preparatevi, bravi lettori del nostro affezionatissimo gran signore, ad essere feriti. Preparatevi, si, al turpiloquio e alla pornografia.


Ossequiosamente vostra…
(sguardo malefico e ghigno sono compresi nel prezzo)

P.S. Non me ne frega un cazzo se non lo finisco prima di mezzanotte.


Voglio dedicare questo post alle persone noiose, a quelle stupide, a quelle che non so…insomma…
Ieri sera ad una festa di compleanno. All’inizio un po’ di noia, ma poi tutto si è sistemato…ad un certo punto questo ragazzo, peraltro il ragazzo di una mia amica, si mette a fare il sacerdote. Involontariamente, certo. Cosa che S. gli fa subito notare. (S. fa subito notare tutto, tranne quando hai le labbra sporche di gelato. Te lo dice dopo mezz’ora che cammini in mezzo alla gente e, accorgendoti degli sguardi strani che ti vengono buttati addosso, le chiedi: “ma ho le labbra sporche di gelato?” e lei: “eh…si”). Lui a questo punto accentua. Devo avergli fatto un po’ tenerezza. Stavo appunto sporgendomi fuori dal terrazzo per lacrimare addosso ad un signore in bicicletta, con la seria intenzione di farlo fuori. Oh! Io non dedico post a nessuno. Mi guardava in modo strano, l’ha fatto per tutta la serata. E non avevo le labbra sporche di gelato, sia chiaro.
Non è un buon periodo, no. Non so neppure scrivere ora. Mi cospargo il capo di cenere. Scusami, scusami, scusami. Sono brava eh?
Ohhhh lover, iu sciuld’v cooom ooover… cos its noo tu leeeiit…

Seduta sulla sedia a gambe incrociate, vestita di nero, mangiava contemporaneamente le unghie dei due pollici, congiungendo i due pugni chiusi delle mani. Le mangiava. Sembrava che pregasse. Poi, sempre guardando in basso, si tormentava un ricciolo con entrambe le mani. Le sue mani erano inseparabili: mangiava con entrambe le mani, scriveva con entrambe le mani, picchiava con entrambe le mani, si masturbava con entrambe le mani. E guardava entrambe le mani; guardando disse: “Senti, mi dispiace…io…non so essere perfetta. Davvero, ce la metto tutta, ma non mi riesce. Credo che sia meglio morire un po’, si…mi dovrei calmare…morire un po’…morire un po’…morire un po’…morire un…morire…mor…mo…m…mmm”

16. Ehm…direttore? Io avrei finito…
17. Ohhh, bene bene…che dici ti andrebbe di…
18. Cough! Cough! Mi scusi…questa tosse…(il direttore è un porco!)
19. Dicevo…
20. Si, si, signor direttore…a domani. Passi anche lei una buona serata…

Sbam! <- Porta che viene chiusa sbattendo, non si sa se dal direttore o dalla ragazzetta. Non si hanno per ora notizie certe.

05 giugno 2006

Intempestiva risposta Teresae, con scuse

Le scuse sono per il ritardo: prosegue l'idiosincrasia per i commenti e le risposte ai commenti.
Rispondere sul blog alla critica al blog-in-sé è ironico, lo so. Ma così chiudiamo il cerchio, e poi possiamo uscire a farci una bella mangiata di gelato. Io prendo anche una ciotola di quei salatini piccanti, buonissimi. La prendo alla lontana: c'era una volta la lingua, la voce. Poi a cascata le parole. Un bel giorno, uno probabilmente pazzo usò una parola per qualcosa che non esisteva. E da quell'infausto momento tutti cominciarono a pensare. Lo facevano e lo fanno solo attraverso il linguaggio e le parole. La brutta notizia è che oggi posso pensare senza aprire la bocca; anche se non avessi la lingua non vi sarebbe differenza. Codardo, è vero: metto la testa dentro un sacchetto di cartoncino e ci faccio due buchi per gli occhi. "Esci fuori" mi dici, "le parole vere sono quelle raccontate". Anch'io risolvo ogni questione nei temi della vita e della morte: non le mie, ma quelle del tempo.





Anche tu hai saltato questo spazio bianco a piè pari, ma non potresti scavalcare nello stesso modo leggiadro le eternità di silenzio che io metterei in questo stesso discorso, pronunciato a voce. Così ho ucciso il tempo.
E poi impedisco a forme stantie e ripetitive di depositarsi e sedimentare. Evito la rigidità laddove l'elasticità è tutto.
E poi sono solo parole.
Qui prevengo la logorrea (non la curo perchè non ne sono affetto). Là fuori mangio i salatini piccanti: in silenzio, finalmente.

Le scuse sono anche per una risposta in prosa ad una questio in poesia.
(mi riservo inoltre il diritto di tornare sull'argomento ed argomentare ancora)

04 giugno 2006

Nota: L'alunno entra in classe in orario e risponde educatamente all'appello

Le proporzioni per una freccia dalle forme armoniche
Larghezza testa: 2 su 5
Larghezza corpo: 3 su 5
Altezza testa: 4 su 5
Altezza corpo: 2 su 5

Quando usare i due punti e quando il punto e virgola. Il punto ed il ritorno a capo. Appunto: produrre una serie di lavori, ognuno dedicato ad una figura retorica. Il punto debole dei videogiochi: non possono andare al di là di quelle situazioni che sono preprogrammate; niente a che vedere con la vita reale! Anche se... il tempo dopotutto è una forma di preprogrammazione, no? Una volta presi per buoni i concetti di causa ed effetto, non c'è scampo. Tutto è l'effetto di una causa precedente e allo stesso tempo causa di tutti gli effetti successivi. Va, che magari torno a divertirmi di nuovo! E tutto quello di cui avevo bisogno era un nuovo linguaggio! Potrei trarne conclusioni dal sapore filosofico, ma non ve n'è bisogno. Ora voglio pensare agli elementi e ai cambiamenti di stato. Il ghiaccio che diventa subito vapore, sublimando. Voglio pensare alle piante che, foraggiate energicamente da fratello sole, prendono gli elementi più semplici che trovano intorno a loro e vivono arrocandoli in catene sempre più lunghe. E il resto della vita che parassitamente sopravvive spezzando queste catene. Nono, fermi un attimo. Non c'è niente di razzista, anche perchè non di razze si tratta, ma di regni diversi. Mi preparo alla guerra, piuttosto, e non perchè voglio la pace. Se riconoscete il tono delle mie parole, allora capirete il vero scopo di queste mie frasi. Porgerò l'altra guancia, ma solo a graffi e a sanguinolenti tagli.

01 giugno 2006

Da due stanze siderali

A...patia
B...analità
C...ontrari
D...emoni
E...leganza
F...uga
G...emito
H...ustler
I...ndecenza
L...ingua
M...aledetto
N...essuno
O...rigami
P...untura
Q...ualunque
R...incorsa
S...atellite
T...ramestio
U...lcera
V...aghezza
Z...ero

Questa era una canzone. Ora due frasi ad effetto:
Ognuno ha le sue manie. Ognuno ha le sue mani.

Smettete di chiamarli clochard. E sMeTtEtE dI sCrIvErE cOsI'.