29 marzo 2007

Dell'aria me ne affogo

La storia strana di un uomo che uccide altri uomini
mansueto (qui ci va il grafico spaccato
di un vagone della metropolitana)
alla sua vittima tiene la testa sott'acqua per troppo
troppo tempo
con una mano gli paralizza le mani
con una mano gli somministra
il suo secondo ed ultimo battesimo
con le gambe gli blocca le gambe
con il corpo gli ammutolisce il corpo
"Non ci siamo mai visti prima di oggi
e solo io ti sto volendo veramente bene
adesso amico"
...
"Non sei contento di essere arrivato al
traguardo? Non ti interessa vedere com'è
da qui in poi? Ridi amico che ci sei quasi"
...
"Rimango concentrato sulla mia mano e sulla tua nuca
Rimango concentrato sulle tue vie di fuga
Rimango concentrato a soffocare i tuoi tentativi di fuga
Niente può minare la perfezione del mio gesto
Un errore ed io divento te e tu diventi me
Ed io non voglio essere come te,
mio sfortunato amico"

Io me ne sto dentro il mio buco
amanuense di cosa poi
scrivo il mio codex un paragrafo al giorno
sarà finito per quando avrò i miei capelli indietro
sarò finito per molto molto meno

Non sapevo cosa fare
Allora ho impresso la fronte contro il muro
Segue la corsa in ospedale
(sono arrivato terzo)
Mi hanno dato tre punti di riferimento
gentilissimi

I miei capelli per pennacchio

Le parole se ne stanno tutte buttate lì in terra, sparse e disordinate. Loro sono pesanti, vedo alcune brutte occhiate provenire dal gruppo dei sinonimi di "pesante". Io sono fiacco e svogliato. Piuttosto che raccoglierle ci cammino sopra a piedi nudi. Una si rompe e fa "croc", la guardo ed era infatti un pezzo di "accrocchio". Mi rimangono un paio di parole attaccate sotto i piedi, come "ferrita", "taghlio", "l'acerazione". Sono sporche di sangue, errori da matita rossa. Metto il piede sinistro sopra "incautamente" e con quello destro calpesto "scivolare". Un'altra parola si incastra tra quelle che ho già attaccate sotto i piedi, credo sia "tetano". Metto in fila mille parole e poi prendo la prima e la porto in fondo e ripeto ad libitum. Raccolgo "via" che è una parola piccolina e delicata e mi sta facilmente nel palmo della mano. Me la metto in tasca. Io e la processione di parole ce ne andiamo.

23 marzo 2007

La contingente lotta tra Qui e Adesso

Cavalcare tori meccanicistici.
Riprendere il controllo.
Leccare l'interno di una scarpa e salivare copiosamente.
Avere un occhio nero e uno bianco.
Spiare le grate metalliche da sottoterra.
Piantare stelle alpine nella steppa.
Assomigliare a Shirley Manson, ma con p+ù trasparenze.
Mappare la trasformazione da zebra a mucca e ritorno.
Rimanere seri al telefono.
Cancellarla di nuovo.
Gonfiare palloncini fino a quando fanno male le mascelle.
Mettere in fila il giallo, il magenta, il nero e il grigio azzurro.
Incrociare le braccia per sfruttare assieme il linguaggio del corpo e la psicologia inversa.
Parlare a cena del test di Turing.
Spiegare un acronimo.
Scrivere sulla schiena di qualcuno come fosse una tastiera.
Disturbare la percezione del proprio corpo con rombi ed ellissi, ma soprattutto rombi.
Credere di essere i primi ad immaginare la bicicletta con la retromarcia.
Filtrare la luce con della cartilagine, ad esempio dell'orecchio.
Trovare l'alfa e l'omega in una salsiccia abbrustolita, adagiata su un letto di purea di patate.
Indossare la compassione con criterio.
Mettersi nei panni di qualcuno che è nudo.
Trattare gli oggetti come persone.
Liberaci dal male, in cambio di 5 talebani.
Cowabungalow.
Aspettare la propria stazione avendo gli occhi verdi.
Affitta allo stomaco.
Soffitto di cipolle.
Perchè tra il sì e il no, vince il sì.
Ma con un colpo di coda, far vincere il no a tavolinetto. Divanolinetto. Diavolometto?
All'ego non basta una sedia, pretende un divano.
C'è un regista teatrale che si chiama con un certo nome, che è proprio il suo. Il suo più grande problema attualmente è una attrice teatrale, che anche lei ha un certo nome, ma che non è proprio solo il suo perchè lo stesso nome ce l'ha anche un'altra, che però non fa l'attrice, ma è teatrale lo stesso. Beh, c'è questa scena in cui l'attrice dal nome proprio comune deve infilare le mani in una cesta piena di segni e messaggi raccolti nei letti del mondo. Capelli, brandelli di pelle, sopracciglia, macchie di sangue, di sperma, di urina, di saliva, peli di gambe, pezzi di unghie. E l'attrice interpreta la scena sempre con disgusto. Il regista invece si aspetta meraviglia e delirio.
Tatuare nel braccio interno l'atlante delle tempeste, degli assiomi, dei fuochi d'artificio, delle crociere, delle inondazioni, dei fori nelle orecchie, dei liquori clandestini, delle funzioni d'onda, dei denti devitalizzati, della mineralizzazione, delle armi da fuoco da terra da acqua da aria, delle schiene incancrenite, degli errori di grammatica, dei capelli rossi, delle foto sparse sopra un tavolo da biliardo, delle vesti di marche che imitano altre marche più costose ma che non ti puoi permettere e che scuci e ricuci di notte per farle sembrare sempre diverse, della ruggine sulle portiere delle automobili, delle tecniche giapponesi per disegnare i gatti, dei ragni soffiati via dalle loro ragnatele, delle scale metalliche che collegano esternamente i piani di tutti e solo gli edifici rossi, dei finti mal di testa per non andare in cielo, delle scelte sbagliate nell'accostamento dei colori, nelle notti in cui la fase della luna non ha un nome, delle vignette politiche che non fanno ridere, dei disegni fatti cambiando la direzione della peluria sul velluto, dei decessi programmati con ottimistico anticipo.
C'era una volta una principessa, ma era morta due anni prima.
L'amore per la logica produce lussuria per la meccanica.

22 marzo 2007

Mixtape n.4

Crime and The City Solution - Six Bell Chime
Rolling Stones - Ruby Tuesday
Nine Inch Nails - Hurt
The Beatles - Eleanor Rigby
Verdena - Non prendere l'acme, Eugenio
Verdena - Trovami un modo semplice per uscirne
Tre Allegri Ragazzi Morti - Il mondo prima
Tre Allegri Ragazzi Morti - Ninnanannapernina
Delicious 69 - La solitudine
Pennywise - Stand by me
The Go! Team - Get It Together
Evanescence - Lithium
Brad Mehldau - Intro
HIM - Killing Loneliness
Penguin Cafe Orchestra - Telephone and rubber band
Penguin Cafe Orchestra - Music for a found harmonium
Penguin Cafe Orchestra - Perpetuum Mobile
Sparklehorse - Wish you were here
Lost Prophets - Rooftops
Finch - Ender
Oasis - Whatever
Air - Le soleil est pres de moi
Air - All I need
Mates Of State - Nature and wreck
Bad Religion - Los Angeles is burning
Radiohead - Fake Plastic Trees
Radiohead - High and Dry
Blackfield - Once
Bear vs Shark - Kylie
Bear vs Shark - MPS
Bear vs Shark - Second
All About Yves - Fuck a loop instrumental
Caspian - Some are white light
Boards of Canada - Dayvan Cowboy
And You Will Know Us By The Trail Of Dead - Wasted state of mind
Genghis Tron - Rock Candy
Silversun Pickups - Melatonin
Explosions In The Sky - The only moment we were alone
Explosions In The Sky - The birth and the death of the day
Elliott - Calm americans
Lucio Dalla e Tiromancino - Come è profondo il mare
Daniele Silvestri - L'uomo col megafono
Brian Eno - By this river
The Appleseed Cast - Convict
The Appleseed Cast - Signal
The Album Leaf - Over the pond
The Weakerthans - Left and leaving
Mogwai - Take me somewhere nice
Babyshambles - Sedative
John Lennon - Instant Karma
Mr Phil Feat. Danno - Fango e piombo
Verbena - Baby got shot
Lou Reed - New york telephone conversation
Fort Minor - Remember the name
Jay Z - 99 problems
Arab Strap - Speed Date
Giorgio Canali - Precipito
Regina Spektor - Hotel Song
Stereophonics - Mr. Writer
Radiohead - Sit down, stand up
Tom Waits - You can never hold back spring
CSI - Intimisto
The Office (US) Theme Song
Tiziano Ferro - Ti scatterò una foto
John Murphy - Who are you
Norma Jean - Like swimming circles
Norma Jean - No passenger no parasite
Grandi Animali Marini - Tu mi fai stare male
Grandi Animali Marini - Io amo il rock
Damien Rice - 9 Crimes
Damien Rice - Me, my yoke and I
Elisa - Eppure sentire (un senso di te)
Deftones - Cherry Waves
My Chemical Romance - Welcome to the black parade
Ben Harper - By my side
Keith Jarrett - Carnagie Hall Concert Part IV
Keith Jarrett - My Song
Keith Jarrett - True Blues
Marta sui Tubi - Vecchi difetti
Marta sui Tubi - Post
Marta sui Tubi - Sei dicembre
Marta sui Tubi - L'abbandono
Marta sui Tubi - Via dante
The Shins - New Slang

19 marzo 2007

The twilight salad - Un'insalata al crepuscolo

Simul - acre
Sono così bravo a fare finta. Ipotizzo e temo che la mia faccia possa rivelare quello che vorrei dire veramente ma non dico: con un'occhiata sbagliata ad esempio, oppure alzando un sopracciglio nel momento meno adatto. Ma poi in un riflesso mi riconcilio con il me inespressivo, e non è più un problema. Spuntano come "fingo" dopo un temporale.

Dentro vs Fuori
A guardare la gente dall'alto, si vede che intorno ha un cerchiolino sottile. Avrà 80 centimetri di diametro e dovrebbe essere violetto. Un rapporto tra due persone è isomorfo ad un trattato rinascimentale sulle fortificazioni e le tecniche di assedio. "Fare breccia nel cuore di" è una metafora che non vuol dire niente. "Fare breccia nel suo cerchio viola", invece. Disadatto è l'equilibrata miscela tra inadatto e disadattato.

Così come il cibo, può avanzare anche un po' di fame
Se ti chiedo di andare via è perchè mi interessa sentirti rispondere no. Rassicurato sul tuo desiderio di restare. Siediti sul letto, perfavore, che ti scatto un po' di foto. Nella prima sfogli una stupida rivista. In una nascondi il naso in una tazza nera di ceramica, è la tua preferita e stai bevendo. In un'altra ti stai infilando un paio di calze veramente brutte e indossi un berretto militare, una scena ridicola e maliziosa.

Ci sono uno messaggi in attesa
"Buongiorno. O buonasera, a seconda delle circostanze. Sempre circostanze attenuanti. A rispondere è la segreteria telefonica attiva al numero di telefono che avete appena composto. Ovviamente non vi dirò chi sono, visto che, se riconoscete la mia voce, vuol dire che avete composto il numero corretto. Se mi riconoscete, ma non avevate intenzione di parlare con me, vuol dire che avete digitato il mio numero sovrappensiero e quindi avete una piccola ossessione nei miei confronti; e la cosa un po' mi lusinga, grazie. Ora, se avete qualcosa di breve ed interessante da dire, potete farlo lasciando il prevedibile messaggio dopo il prevedibile bip. Addio."

15 marzo 2007

"Va tutto bene" per sufficientemente circoscritte definizioni di "tutto" e "bene"

Con la faccia gonfia, le labbra che sembrano modellate con la sabbia e in bocca il sapore del fiele. Amaro e organico, la mia bile deve avere questo sapore. Vado fuori e in tasca ho una banconota da 5 euro, una moneta da un euro, una da 50 centesimi e una da 20. Insieme mi garantiscono un certo numero di combinazioni, e tutte insieme mi pare che bastino. Gli ascensori sono strani animali, figli di cabine telefoniche mute e piccole case di scena, tirate su e giù al passare degli atti, da lavoranti del teatro, legate a sacchi di sabbia. Ancora la sabbia. Entro nel mio, di ascensore, e mi ci chiudo dentro con 4 gesti automatici. La mia interpretazione in onore dell'efficienza dei movimenti, che lo spreco di energie ci perdoni. Premo il bottone numero cinque, sul quale è comprensibilmente intagliato un "4" senza grazie.
E non succede niente, perchè sono già al quarto piano.
Io volevo scendere.
Così la mia serie di movimenti pianificati e ingegnerizzati la posso buttare nel cesso e tirare la catena. Mando innocentemente una maledizione mentale allo scrittore di logiche per ascensori, ma è una debolezza che dura solo un attimo. Dipendesse da me, se uno che si trova al quarto piano preme il tasto del quarto piano, vuol dire che si è palesemente ingannato e intendeva dare il comando per scendere a terra. Tanto più se il quarto è incidentalmente anche l'ultimo dei piani raggiungibili con l'ascensore. Ma non fa differenza. Chiunque, tornando a casa la sera o uscendo la mattina per andare a lavoro, potrebbe azionare il meccanismo d'ascensione premendo sempre e solo un tasto.
Adesso sono fuori ed è questo l'importante.
C'è ancora luce in strada, ma l'illuminazione notturna è già stata messa in funzione.
Mi piace tantissimo quand'è così. E' una sensazione estiva e solitaria, una di quelle che anticipa una stagione che sta per dischiudersi.
Quando non riesco a dormire, metto la testa sotto il cuscino, sopra il materasso. Il peso è gentile e mi rilassa. Direi che è come essere accarezzati dalla privazione dei sensi. Con la testa sopra il cuscino, invece, si hanno strane visioni. Quello che si vede tenendo aperto un solo occhio, scompare quando si apre solo quell'altro. E tenendoli aperti entrambi, un po' si vede e un po' no. Da bambino, uno potrebbe anche pensare di avere il potere di vedere attraverso gli oggetti, ma solo nel dormiveglia. Una sorta di vista a raggi ICSonnoliti.
E poi era ieri che ti aspettavo in piedi e mi guardavo intorno. Mi sono scelto un angolo di marciapiede.
Nella macchina che mi era parcheggiata di fronte c'era una farfalla di carta, posata sul cruscotto.
Le luci sulla strada erano appese a cavi tesi tra i palazzi ai due lati della strada. E in corrispondenza di ogni luce, sul muro una targhetta numerata, e un numero di telefono da chiamare in caso di guasto. Un giorno andremo in caccia di lampioni guasti e potrò togliermi la soddisfazione di sentire chi risponde a quel telefono.
Il cinema ha un'insegna luminosa che sarà larga al massimo un metro e mezzo. E si ostinano a scriverci il nome completo del film proiettato, su una sola riga. E' divertente vedere quanto si possa far dimagrire una lettera. Un giorno ci andremo a vedere un film dal titolo incredibilmente lungo. Un altro giorno.

11 marzo 2007

Questo è l'inferno e quella la porta: sei pregato di uscire

Lo sguardo arriva fino ad un determinato e preciso punto, ma crede di abbracciare qualunque cosa. Di questo inganno è figlia la supposizione che tutto si riduca ad una distesa di onde. Che si agitano, si toccano, si spintonano l'un l'altra. C'è veramente tanto che viene sospinto in superfice, ma ancora di più è quello che scorre sotto, sul fondale, velocissimo.
Eravamo abbracciati alla stessa piattaforma; io sono stato il primo ad andare sotto. Per un'ora, o quella che mi è sembrata lunga un'ora, sono riaffiorato e ridisceso, in ripetizioni mai uguali e mai intenzionali. Lottavo sì, ma ne' per galleggiare ne' per affondare. Alla fine le onde hanno sedotto anche te, ti hanno risucchiato via: hai provato ad affogare ed ha funzionato. "La sensazione di una morsa" e invece stavi solo soffocando.
Se solo tu riuscissi a restare qui sotto con me, nuoterei con te fino in fondo. Invece mi hai stretto un'ancora intorno al collo e hai riso. All'inizio credevo anch'io fosse divertente, e ho riso con te. Ma tu hai continuato a ridere e io ad andare giù. E più andavo giù e più il tuo riso era macabro. E' stato il nostro ultimo scambio di regali: io ti ho dato follia, tu inevitabilità. Quello che non ti ho detto: il solo punto di fuga è il più profondo possibile. Grazie a questo gentile scambio di prospettive scorrette, adesso nessuno dei due potrà raggiungerlo e attraversarlo e mettersi in salvo. Se vuoi tornare su, devi andare giu. E' così semplice che non ci siamo arrivati nè io nè te, nè ci arriveremo mai. Strano modo di esaudire un desiderio.

E' allo stesso tempo diabolicamente ironico e terribilmente triste che, sullo stesso pianeta, il paese più povero abbia troppo poco cibo per garantire la salute della sua popolazione e il paese più ricco troppo cibo per garantire la salute della sua popolazione. Più triste che ironico, però.

Quello NON è un pontile. E' un ponte, a tutti gli effetti. Non cercate di convincermi del contrario. E' stato progettato e costruito da un visionario, una persona che non si è lasciata fermare da secondari dettagli tecnici, come la mancanza di una riva opposta. E' successo che quello che gli altri guardano è uscito dai miei occhi, e ho potuto vedere, per una marginale frazione di tempo, la realtà denudata dai preconcetti dell'abitudine e dall'assuefazione. Non ho bisogno di crederci, ho solo osservato. Se ci sono rive che aspettano di essere raggiunte da un ponte, allora ci possono essere ponti che aspettano di essere raggiunti da una riva.

08 marzo 2007

In morte di Bob la spugna

Non un'altra stupida metafora sulla vita, per(perfavore)favore. Le tasche dei pantaloni. Serve una scelta attenta su cosa infilarci. Cosa potrebbe servire, in molte occasioni ma non in tutte. Ci infili troppe cose e rischi di apparire ridicolo. Le lasci vuote e finisce che ti trovi senza soldi, chiuso fuori di casa, senza telefono. Poi conviene mettere sempre le stesse cose nelle stesse tasche, che se vengono a mancare te ne accorgi con una strana sensazione. Ma ogni tanto è bene anche cambiare, per il gusto di farlo. Non si possono mettere in tasca le penne, che bucano e macchiano e scoppiano e macchiano. (sono due tipi di macchie diverse). Il piccolo taschino sopra la tasca anteriore è comodo per tenerci dentro le monetine da pochi centesimi, tranne quando ti fanno male le dita e allora tirare fuori qualcosa da lì può diventare un'operazione spiacevole.

Mi ero abituato a pensarti come a quelle carte che si mettono in orizzontale quando si fa un castello di carte. Mi interessa il giudizio di una persona fino al momento in cui arrivo a conoscerla bene, il punto dove so le sue debolezze o difetti e trovo un motivo per cui il suo giudizio non mi interessa più. Faccio ombra col corpo per colpa di una eclissi auto-inflitta. Dopo aver scritto la tua parola preferita, riempine le lettere con un colore pastello. Poi inspessisci i bordi e colorali di nero. Al posto del puntino, sopra la i, fa un piccolo disegno. Distanzia le lettere. Al posto di qualche vocale, mettici una stella. Non è meglio, così? Dicono che quando si fa una domanda ad una persona, questa sposterà lo sguardo alla sua sinistra richiamando un ricordo del passato, a destra invece se cercherà di inventare una bugia. Inoltre, in un ritratto, il soggetto guarderà a sinistra pensando al passato, a destra pensando al futuro, in alto se i suoi pensieri sono positivi, in basso se sono negativi. Adesso dovresti guardarmi e dirmi dove sono.

Riprendere violentemente coscienza sotto una valanga di sabbia, forse ancora vivi. Il corpo è immobilizzato e la pressione sembra voler schiacciare il petto come la corazza di un insetto. Gli occhi e la bocca e il naso e anche le orecchie sono piene di sabbia e bruciano e sono ferite e insanguinate e ogni movimento aumenta il dolore, che arriva a ondate e pulsante. Ci sono ferite ovunque che come sorgenti bagnano di sangue la sabbia intorno, che diventa calda e appiccicaticcia. Tentare di scavare si rivela uno sforzo inutile, perchè le unghie si spezzano ed ogni centimetro conquistato si riempie subito con altra sabbia. Ad ogni nuovo tentativo, la sabbia sembra sempre più pesante e compatta, e lo sforzo per attaccarla sempre più un ostacolo troppo grande. Dopo pochi minuti i più grandi rimpianti sono l'ossigeno e il senso dell'alto e del basso. Non c'è mai stata luce, ma adesso, che è quasi la fine, si percepisce che è lei che sta andando via. Che ne dovrebbe essere adesso dei sentimenti e delle emozioni, quando la luce non c'è più? E dei ricordi e del passare del tempo? Niente, non ce ne facciamo niente. Qui sotto è come la morte, tranne per la parte che fa ancora male, come la vita. Per(perfavore)favore, non un'altra stupida metafora sulla vita.

04 marzo 2007

Camponero

Un mostro viene oggi a graffiare il sonno dell'infanzia remota. Ha due teste, che si guardano negli occhi, che spuntano entrambe dallo stesso ammasso di carne. Una testa ha in testa capelli rosa lunghi e lisci, occhi azzurri, e una bocca di metallo. L'altra testa di carnagione e pelo scuro, soffia dalle narici vapori mortali. Il corpo è ricoperto di squame verdi e costellato di fauci aggiuntive che si aprono in mezzo alle membra. Sono rivestite di 3 fila circolari di denti triangolari e seghettati. Ne penzolano 117 paia di piedini da neonato ricoperti da scarpine di lana da neonato, cucite a mano con fili bianchi e neri.

Da piccolo fantasticavo di avere un ufficio. Da grande fantasticherò di non avere un ufficio.

Le nuvole sono bianche. Vagano per il cielo che è bianco e coprono il sole che irradia la sua luce, bianca. Passa uno stormo di uccelli dal piumaggio bianco, col becco e le zampe bianche e se da quaggiù riuscissi a vederne le pupille, giurerei che sono bianche. Le foglie dell'albero sotto cui mi sono seduto sono bianche e attaccate a rami bianchi che si staccano dal tronco bianco. Scavando via un po' di terra bianca troverei le radici dell'albero che si infilano bianche sempre più in profondità. Anche la sete dell'albero è bianca.
La mia pelle diventerebbe sempre più bianca stando alla luce del sole, ma preferisco stare nell'ombra bianca di questo albero. Mentre ti avvicini correndo, calpesti l'erba bianca e intanto l'abito bianco che indossi si anima di vita propria e mi saluta affettuosamente. Metto da parte i fogli bianchi che mi sono portato da leggere e ti guardo avvicinarti e allontanarti. Inizio a percepire il formicolio di tante zampette che mi corrono lungo le gambe. Con un gesto della mano scaccio qualche strano insetto bianco. Chiudo gli occhi e tutto fa finta di scomparire. Vengo disarcionato dai miei stessi pensieri. C'è solo tanto nero, completamente bianco.

01 marzo 2007

Alti e bassi dell'esperienza allucinatoria (e anche il pistacchio, certo)

Continuano ad arrivare telefonate destinate ad altri apparecchi telefonici. La giornata scorre in modo inverosimile, interrotta da sconosciuti che non vogliono parlare con te. Provi lo stesso un certo astio per colui che si presenterà sulla soglia della tua abitazione, identificandosi come "il tecnico dei telefoni". Potrebbe essere uscito di fresco da un racconto pseudo-pornografico di terza categoria. Ti rivengono in mente tutte quelle riviste al limite dell'insulso che qualcuno della tua famiglia usava comprare in estate, da sfogliare in mancanza di meglio da fare: Stop, Grand Hotel, D con Repubblica. I fotoromanzi erano qualcosa di volgarmente spettacolare. Poi quei piccoli racconti romanticoidi da due, tre paginette. Qualche volta hai pensato che da grande saresti potuto essere uno scrittore di soggetti spazzatura, pagato un tot a parola. Uno di quelli che stanno sempre scrivendo il loro capolavoro. Beh, in un certo senso sei già così. Va bene, non nel campo della scrittura, ma che importa? Hai sempre pensato che accumulare potenzialità inespresse fosse esteticamente corretto, no? E adesso perchè ti lamenti, eh? Che schiappa che sei. Vai via.