30 settembre 2007

23 settembre 2007

Direzioni preferenziali per avversare il consorzio umano

Ora che piove si può dire la verità.
E allacciarsi le scarpe in modo convenzionale.
Ora che non piove più posso smettere di ascoltare.
Tolto ciò che c'è di alato in ciò che c'è di malato.
Mao aveva il suo libretto rosso, ma io non sono un gatto quindi tengo una agendina verde per i miei appunti. E tutte queste frasi alte come insetti, dovrei tornare a scrivercele su.
Siamo all'inizio, ma già cauterizzati.
Differenze mediate tra scrivere e scrittura.
Accuse ricamate su tessuti necrotizzanti. Imputare o amputare?
Nuoto in un fiume che non si accorge di me o sto cercando di tenere una sedia in equilibrio su di una gamba sola?
Vuoi una guida o qualcosa che ti indichi la strada.
Che sia un'etica o della segnaletica, non ti importa.

E' strano che proprio in quella occasione io abbia aspettato. Sarei dovuto scendere solo un attimo, fare ciò che ci si aspettava io facessi e risalire subito. Invece mi sono fermato, nell'isola spartitraffico, appoggiato ad un albero. C'era solo una donna di spalle, che si allontanava, tenuta al guinzaglio dal suo cane. E poi eccola, la foglia. Scendeva guardinga e ubriaca. Arriva lenta, mi sono detto. La posso prendere. Invece se la deve essere presa lei, perchè d'improvviso si butta giù a foglia morta. Mi tocca fare due passi di fretta, ma la colgo prima che tocchi terra. E' per metà gialla e per metà croccante. Impolverata e luccicante. Adesso vive con me.

17 settembre 2007

Il mio nome è Harold Crick e quando esamino le pratiche in ufficio sento il suono di un oceano profondo e infinito

Quest'oggi avrei voluto parlarvi di me. Ma abbiamo scoperto che ci sono un sacco di me, tutti diversi, tutti in posti diversi. Ne abbiamo contati fino a sette, pensate un po'. Sarebbe troppo, allora, stare qui a narrarveli tutti. Presto detto, ho deciso quindi di parlarvi di io. Io è facile, un po' orso, dai modi forastici. (Avete visto? Ho detto forastico. L'ho detto perchè ho appena finito di leggere "L'isola di Arturo". Potete stare certi che, se sentite pronunciare quella parola a qualcuno, egli ha da poco voltato l'ultima pagina di quel romanzo.)
Tornando a noi, si diceva:

Io cerca l'amore della sua vita come una superstizione, e anche l'odio della sua vita.
Io, più per curiosità personale che per altro.
Cerca l'indifferenza della sua morte.
Cerca l'amore della vita degli altri.
Gli piacciono anche altre cose che appartengono agli altri.
Ad esempio le cose di carta, con la filigrana in mezzo, che si possono dare in cambio di beni e servizi.
Gli piace il sapore del fumo e l'odore delle sigarette sulle dita e la lieve ebrezza delle boccate di fumo trattenute troppo a lungo, ma gli piace anche sentirsi indipendente.
Gli piacciono le trame sonore epiche ed evocative.
Crede che non si possa vivere per sempre, insieme, ma da soli una speranza c'è.
Non gli piacciono i medici distratti, chi lavora in banca e i maestri svogliati.
Non gli piace essere malato e crede che la malattia sia una colpa e un diritto.
Io crede nel diritto alla colpa.
Non gli piace fare la fila e la gente che si fa aspettare.
Non capisce chi non riesce a ricevere un regalo senza sentire il disagio di doverlo ricambiare.
Mangia lo zucchero filato con sommo gusto, ma io non è il solo.
Va per strada a capo scoperto, quando piove.
Si, ce l'ha l'ombrello.
Ha anche il cappuccio sulla giacca, se volete saperlo.
No, non li usa.
Io è a suo agio anche quando è sporco, o vestito malamente.
Molti pensano di sapere chi sia veramente Io, ma Io si diverte spesso a prenderli di sorpresa.

Ah, e i compiti per casa. Ascoltare "Fuoco corri con me" e "Canzone della tolleranza e dell'amore universale" di Canali, Giorgio. E preparate anche la colonna sonora di "The fountain / L'albero della vita", che poi vi interrogo.

13 settembre 2007

I ricordi sono commestibili come le unghie delle dita maggiori

voglio essere annegato
voglio essere assecondato
voglio essere atterrito
voglio essere ascoltato
voglio essere allontanato
voglio essere avvicinato
voglio essere abbracciato
voglio essere accettato
voglio essere adescato
voglio essere adoperato
voglio essere aperto
voglio essere alato
voglio essere atterrato
voglio essere addobbato
voglio essere accomodato
voglio essere aviotrasportato
voglio essere abbindolato
voglio essere anticipato
voglio essere abbeverato
voglio essere affaticato
voglio essere affranto
voglio essere allenato
voglio essere attaccato
voglio essere arrivato
voglio essere allungato
voglio essere agguantato
voglio essere addolorato
voglio essere annerito
voglio essere ammaestrato
voglio essere attraversato
voglio essere arroventato
voglio essere arenato
voglio essere assonnato
voglio essere aggirato
voglio essere assassinato
voglio essere accreditato
voglio essere ammazzato
voglio essere appagato
voglio essere avventato
voglio essere alleato
voglio essere azzerato
voglio essere avvelenato
voglio essere ammanettato
voglio essere assolto
voglio essere ammattito
voglio essere a.

09 settembre 2007

Il lupo non c'è, però se vuoi crepo io

La chiarezza che solo una notte di settembre può portare. Io vado avanti e i dubbi si fanno ai lato, bisbigliando con rispetto. Mi scoppiano i polpacci e per avanzare ci devo mettere tutta la rabbia e le strettoie tra i denti. Ho sempre una canzone in testa e adesso questa parla bene di tanto niente. Rientro a casa e mi dico che le cose piccole le potrei fare senza pensare, come slacciarmi le scarpe o aprire il frigo. Ma no ma no io voglio esserci. Tanto ho un posto tutto mio dove me ne posso andare quando c'ho lo schifo sul collo che mi cola davanti e dietro. Fa stanco, non trovi? Con i soldi che ho mi ci posso comprare solo altre gabbie. A guardare i muri sembrerebbe di stare ancora coi piedi per terra. Ho la peste, non lo sapevi? Vi chiedo acqua ma ormai non c'è più niente da fare, potete solo starmi lontani. Sono ancora lì stanco, con gli occhi che fanno troppe domande. A volte i libri non sono come quando li avevi iniziati a leggere. Quello non lo puoi toccare, è troppo bello. Poi non è che sono cresciuto è solo che i miei giocattoli hanno smesso di parlare. Ora altre cose parlano, ma io ho un altro nome. Mi impegno quando faccio il morto a galla. Belle le vesti da saltimbanco, metà bianche e metà nere. Ti è stato utile il tempo guadagnato? Suvvia, era solo uno scherzo col mantello. Ma non di noia.

03 settembre 2007

Allthelovelessness

Mi ha tenuto sveglio un lavello
fuori tempo per tutta la notte
ho creduto sanguinasse
ogni goccia aveva un suono diverso
una melodia senza fine
dove alla fine sonnecchia la follia

Ancora da bambino pensavo al contrario delle lampadine. Accese nelle mia stanza in pieno giorno, avrebbero proiettato un cono di oscurità totale. Con dentro me.

Uno è biondo ed ha gli occhi chiari. L'altro, scuro di pelo, gli occhi non li ha. Qualcosa gli brucia nelle orbite e incenerisce tutto ciò su cui posa lo sguardo. Metaforicamente, o forse no. Potrebbero essere due angeli o due demoni o due persone normali. Sembrano troppo normali per essere due persone. Un'ancestrale mitologia deve averli messi qui, l'uno accanto all'altro, in piedi, sotto questo albero dai rami viola che al posto delle foglie ha piume blu. Il biondino è ferito lungo un fianco, e tiene in pressione la ferita, con una mano. Nasconde anche un'altra cicatrice sul collo, sotto una benda.
Dialogano i due.
Occhi di bragia sta gesticolando, lentamente. Si osserva il braccio mentre lo solleva a mezz'aria. Ha la manica sporca di sangue.
Parlano ancora. Sembra importante. Come se il compimento di un male, uno tra i tanti, e di un bene, uno tra i pochi, dipendessero dall'esito di questa discussione.

Mi parlano, ma tutto quello che sento è meta-rumore.

Qualche volta mi immagino una persona che infila una mano nel tritacarne. C'è questa mano che scompare fino al polso dentro la vorace macchina e in fondo la carne trita che viene raccolta e preparata per il ragù.
Qualche volta mi immagino anche come togliere la pelle da una faccia. Io inizierei da una incisione accanto all'orecchio, scenderei in verticale fino a dove si ancora la mascella e ne seguirei la curva fino alla punta del mento. Continuerei simmetricamente, a salire, fino all'altro orecchio, e poi è facile basta seguire l'attaccatura dei capelli.
Potrebbero essere i pensieri di un bambino che rompe il suo giocattolo preferito per vedere com'è fatto dentro.

Possiamo vivere con l'illusione che un cactus non abbia bisogno di un abbraccio, ogni tanto.

Continuano ad arrivarmi cartoline. Vengono dal futuro ed il mittente sono io. O almeno, dovrei essere io. Mi chiedo se, dal momento che tanto sono già arrivate, io debba ancora spedirle al me-passato dal me-futuro. Mi chiedo se il me-futuro che ha spedito le cartoline si è già posto questa domanda. E poi perchè continuo a mandarmi cartoline in bianco e nero?

Mi ero apparecchiato l'anima. Poi qualcuno si è imbucato.

E comunque, sì.