09 giugno 2015

Octapnea

come una casa di legno, paglia e carta di riso, il 5 agosto 1945
l'orlo della cravatta che spunta dalle caviglie
la prima volta che inviti un ragno a camminarti sul braccio e sono le gocce d'acqua rimaste, dopo la pioggia, appese a un cavo dell'alta tensione
togliere i fiori dai cannoni, scegliere quelli con il maggior potere calorifico, prendere l'arte floreale e metterla dentro le molotov.
ci distinguono i centimetri d'acqua che sono sufficienti a farci annegare
la potenza del tuo messaggio è inversamente proporzionale al numero di magliette su cui compare
io sono il furto e tu sei la finta telecamera che lo riprende, divisi dalla tua luce rossa.
l'emersione dell'idea di leccare la testa di Charlize Theron sporca di grasso e olio per motori
le linee di prospettiva, quelle che irradiano dal punto di fuga, lì proprio davanti al tuo naso, si richiudono dietro la tua testa. non te lo dice nessuno.

vorrei essere uno di quei robot per le operazioni chirurgiche, con decine di bracci, coperto di plastica monouso e metallo, con un ago lungo e affilato e sterilizzato a ciascuna estremità, di quelli che ti entrano dentro il corpo e si muovono come un'infestazione di parassiti. e baciarti.
come uno di quei test per scoprire il daltonismo, ma scolpito nei tuoi peli pubici

fluido cerebrospinale usato come lubrificante. la pornografia fatta con le grazie delle parole sottocutanee. l'aratura meccanica dell'endometrio. le solfatare nelle reni che non trovano sfiato. l'eterozigosi del colpito e del colpevole. dichiararsi con un cablogramma tendineo. lasciare al tempo i segni dell'addosso.